domenica 18 aprile 2010

Semiotica

Quando ero una spensierata studentessa (spensierata rispetto al futuro professionale ma attentissima a salvare il mondo), mentre facevo manifestazioni, picchetti, tazebao, volantini, banchetti informativi, aperitivi sociali, pranzi sociali, interventi ai consigli di facoltà, polemiche con i docenti ecc...ecc...studiavo.
E quando ero tutto questo, ricordo di essermi imbattuta nell'esame di Semiotica.
Ricordo, tra i testi dell'esame,  Identità visive di Jean-Marie Floch.


Mentre ora cerco questo libro, probabilmente sommerso da altre centinaia di suoi simili, mi viene in mente qualche brandello dell'opera: Opinel, Chanel, IBM e Apple. 
In breve, portando alcuni efficaci esempi, l'autore racconta la nascita e la costruzione dell'identità visiva di un brand, attraverso il suo marchio ed il logotipo, in un sistema di segni e categorie interpretative di matrice oppositiva.
Un libro molto interessante. Persino piacevole. E non capita spesso nei testi universitari.


Bene, oggi riflettevo su questo: la semiotica e la pubblicità sono una di quelle coppie che, a detta di tutti, dovrebbero funzionare. Tipo, chessò: velina e calciatore, la bella e la bestia, un nerd e il suo computer.
Però, più leggo e rileggo, più lavoro, davvero non ce lo immagino il pubblicitario alle prese col quadrato semiotico, che fa:
Allora, abbiamo un gelato alla menta e quattro valori di consumo: valorizzazione pratica, utopica, critica, ludico-estetica. Dove si pone il gelato all'interno di questi valori? Qual è la gerarchia?
No, no...non credo proprio andrà così.
Immagino che finirà per chiedere uno di quei ghiaccioli, vedrà che è fresco, verde, buono. Magari aiuta la digestione. Che ricorda l'estate, le partite sulla spiaggia, la sabbia dappertutto, magari il primo bacio.
Uscirà a fumare una sigaretta. Scriverà qualcosa. Poi la cancellerà e ne scriverà un'altra ancora.
E via via scrivendo, fino a quando il cliente approverà.


Però è utile, serve avere consapevolezza di come leggiamo il mondo e lo raccontiamo.


Domani cercherò di ricordalo, davanti all'ennesima sfida creativa.

2 commenti:

  1. Un altro esempio dell'eterno gap tra teoria e realtà.

    Io sono di quelli che non ha studiato, che non studia, che impara le cose "sul campo", a botte di prova, riprova, e perché cosí non funziona, cazzo, dovrebbe andare, pero no, ma dai, a chi posso chiedere aiuto, macchè devi cavartela da solo, ah ecco, vedi, si cosí, forse cosí, dai ci manca solo un soffio, EVVVAI!!!! ...macché, non era lui, ricomiciamo...

    Il tuo libro sulle identità visive qualcosa ha dato al pubblicitario che si sta sbavando con il gelato alla menta offerto dal cliente. Qualcosa nel suo processo mentale è cambiato nel momento in cui ha letto quel libro, inconsciamente ricollegherà pezzo di ghiaccio verde alla gerarchia di cui parli e arriverà al risultato finale. Ci sarebbe potuto arrivare da strade diverse, ma questa è una... :)

    P.S. Sembra interessante, magari lo ordino in una libreria online, tnx per il consiglio! :P

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  2. Quando leggo questi testi in genere penso che siano processi da fare ex post: sono cioè strumenti che usi nell'analisi, non nella costruzione di una campagna. Ma, in generale, tutto lascia traccia. Il libro merita. Se ti capita, ordinalo. Grazie per la traccia lasciata...

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